“Un Paese senza memoria è un Paese senza identità.” Ricordiamo le vittime delle Foibe da 21 anni con un nodo alla gola

Il 10 febbraio non è solo una data, ma un grido soffocato che sale oltre settant’anni. Una ricorrenza che, da 21anni a questa parte, ci costringe a fermarci, fare un respiro e ricordare le vittime delle foibe e l’esodo forzato di decine di migliaia di italiani dalla loro terra. La Legge 92/2004, che ha istituito il Giorno del Ricordo, non è solo un appuntamento con la memoria, ma un’occasione per far luce su un angolo oscuro e doloroso della nostra storia, che merita di essere conosciuto.

foibe
Foto: https://www.unibs.it/it

Un’escalation di violenza: dalla Seconda Guerra Mondiale alla pulizia etnica

Cosa accadde dopo l’occupazione nazista della Venezia Giulia nel 1943? Due anni di terrore, in cui i partigiani jugoslavi si scatenarono per conquistare la regione, con l’obiettivo di estendere i confini della Jugoslavia. Di mezzo c’erano gli italiani, in modo particolare coloro che non avevano mai visto di buon occhio la politica di Tito e la sua visione comunista.

Quando la disfatta tedesca del 1945 aprì la strada all’avanzata dell’esercito del maresciallo Tito, la situazione divenne tragica: persecuzioni, torture, deportazioni. Si stima che tra le 6.000 e le 9.000 persone furono gettate senza pietà nelle foibe, una sorta di “sistema di smaltimento umano” che non lasciava scampo.

La pulizia etnica sotto il cielo jugoslavo: un marchio indelebile

Il comunismo, nella sua versione titina, non si fece scrupoli: dietro l’ideologia, infatti, si nascondeva la brutalità di un regime che non ammetteva oppositori. Miliziani fascisti, soldati italiani, ma soprattutto civili innocenti venivano arrestati, torturati e poi gettati nelle profondissime gole carsiche della Venezia Giulia.

La violenza dell’occupazione jugoslava arrivò al punto da configurare una vera e propria pulizia etnica. E mentre milioni di persone nel mondo guardavano l’Europa risorgere dalle ceneri della guerra, l’Istria e la Dalmazia diventavano teatri di un massacro che avrebbe cambiato per sempre la geografia della regione.

Esodo giuliano-dalmata: quando la fuga diventa l’unica opzione

E poi arrivò l’esodo, una vera e propria “fuga dalla terra natale” che coinvolse tra 250.000 e 300.000 italiani, costretti a lasciare le loro case e a trasferirsi in altre terre. A qualcuno sarà sembrato un viaggio verso un futuro migliore. Ma, per la maggior parte di loro, fu solo l’inizio di una vita segnata dalla nostalgia di ciò che avevano perduto e da un senso di abbandono che li accompagnò per sempre.

Perché il 10 febbraio? Il trattato che segnò il destino di un popolo

Il 10 febbraio è la data simbolo, il giorno in cui nel 1947 venne firmato il Trattato di Pace di Parigi. Questo accordo sanciva l’annessione della Venezia Giulia e di Zara alla Jugoslavia, mentre Trieste veniva dichiarata “territorio libero”, una specie di zona neutrale, sotto il controllo delle Nazioni Unite.

La divisione in Zone A e B ne fece un territorio conteso, con la Zona A (Trieste) sotto l’amministrazione alleata e la Zona B (Istria) sotto quella jugoslava. Per le migliaia di italiani coinvolti, però, il trattato non rappresentava altro che una condanna all’esodo e all’esilio.

Ricordare per non ripetere: il Giorno del Ricordo come impegno verso il futuro

Il Giorno del Ricordo non è solo una commemorazione, ma una lezione che ci impone di riflettere sulle ferite lasciate dalle ideologie nazionaliste portate agli estremi. È un invito a non dimenticare, ma soprattutto a non ripetere gli errori del passato. Memoria, inclusione, collaborazione: sono queste le parole che devono accompagnarci verso un futuro dove la storia non si ripeta e la convivenza tra popoli diversi sia possibile.

Perché, come disse Rinaldo Sidoli, “un Paese senza memoria è un Paese senza identità.” E noi, l’identità, la vogliamo difendere. Con un nodo alla gola, ma con la determinazione di non lasciare che la memoria si spenga.