Bruno Pizzul, la storica voce della Nazionale italiana dal 1986 al 2002, si è spento il 5 marzo, pochi giorni prima di compiere 87 anni. Con lui se ne va un pezzo di storia del giornalismo sportivo, un narratore elegante e misurato, capace di raccontare il calcio con stile, ironia e passione autentica. La sua voce, unica e inconfondibile, ha accompagnato generazioni di tifosi, trasformando ogni partita in un racconto indimenticabile. Il solo vero “errore” che possiamo attribuirgli è quello di averci lasciato troppo presto, privandoci di un’icona della telecronaca.

Un maestro della telecronaca
Bruno Pizzul non era soltanto un giornalista: era il Telecronista con la T maiuscola. Uomo di cultura, laureato in giurisprudenza e insegnante di italiano, ha portato nelle telecronache una lingua elegante e precisa, lontana dagli eccessi verbali e dall’enfasi esasperata che oggi caratterizzano il racconto sportivo. La sua voce non si sovrapponeva all’evento, ma lo accompagnava con sobrietà e autorevolezza, rendendo ogni telecronaca un perfetto equilibrio tra emozione e professionalità.
Dai campi di calcio al microfono della Rai
Pizzul non era solo un narratore: il calcio l’aveva vissuto in prima persona. Centromediano dal fisico robusto, aveva militato nel Catania negli anni in cui il pallone era di cuoio scuro e i campi erano cosparsi di segatura nei giorni più freddi. La sua carriera da telecronista cominciò quasi per caso, con un ritardo di quindici minuti nel raccontare Juventus-Bologna di Coppa Italia. Un inizio singolare per un uomo che sarebbe poi diventato il punto di riferimento del giornalismo sportivo italiano.
L’inconfondibile stile Pizzul
Se oggi ricordiamo Pizzul con affetto, è perché aveva uno stile unico. Mai sopra le righe, mai urlato, sempre equilibrato e misurato. Non era solo un narratore di calcio, ma un poeta della telecronaca. Le sue espressioni iconiche, le pause calibrate, il tono che mutava appena per sottolineare un momento cruciale: tutto ciò lo ha reso inconfondibile.
Testimone di gioie e tragedie
La sua carriera non è stata solo un susseguirsi di gol e trionfi. Bruno Pizzul ha raccontato anche momenti drammatici, come la tragedia dell’Heysel nel 1985, quando 39 tifosi persero la vita. La sua voce, solitamente rassicurante, si spezzò per l’emozione mentre annunciava la notizia: “Ci sono 36 morti. Una cosa rabbrividente, inaudita. E per una partita di calcio”. Un uomo che sapeva quando il silenzio valeva più di mille parole.
“Tutto molto bello”: il suo lascito
Bruno Pizzul ci lascia una lezione di giornalismo e di vita: ci si può emozionare senza urlare, si può raccontare con passione senza essere sopra le righe. La sua voce resterà impressa nella memoria collettiva, come la smorfia del suo sorriso, come le notti magiche che ci ha fatto vivere. Oggi, alziamo un bicchiere di bianco friulano in suo onore.
Le frasi indimenticabili di Bruno Pizzul
- “Tutto molto bello“ – La frase simbolo del suo stile garbato e composto.
- “Grappolo di uomini“ – Espressione iconica per descrivere l’assembramento di calciatori in area di rigore.
- “Ed è gol!“ – Sempre pronunciato con tono sobrio, ma carico di significato.
- “Partiti!“ – Il suo classico incipit dopo il fischio d’inizio.
- “Sventola da fuori“ – Per sottolineare un tiro potente da fuori area.
- “Dino, Roberto, di nuovo Dino“ – Il suo modo di distinguere i due Baggio ai Mondiali del 1994.
- “Sono immagini che non avremmo mai voluto commentare“ – Il dolore nel raccontare l’eliminazione dell’Italia a Italia ‘90.
- “Una cosa rabbrividente, inaudita. E per una partita di calcio“ – Le sue parole sulla tragedia dell’Heysel.
Grazie di tutto, Bruno. È stato davvero “tutto molto bello“.