Carlotta Vagnoli, la regina dei social e paladina del femminismo, si trova ora al centro di una vicenda che ha messo in crisi il suo castello di certezze. Dopo anni di militanza senza compromessi, in cui ha difeso con veemenza il principio dell’”io ti credo sorella” – un mantra che ormai è diventato più popolare di una canzone di Sanremo – l’attivista è finita in una situazione che, ironicamente, potrebbe farla riflettere su quanto sia facile applicare il suo principio a senso unico.
Il 28 gennaio, Vagnoli e la sua collega Valeria Fonte sono state protagoniste di un episodio che suona più come il plot di un reality che una vera perquisizione: poliziotti in casa, dispositivi sequestrati e accuse di stalking. E, come se non bastasse, Selvaggia Lucarelli ha deciso di infilare il dito nella piaga, sollevando dubbi e polemiche. Ma è davvero il caso di gridare “fratello, io ti credo” ora?

La perquisizione: “Femminismo, ma anche privacy!”
Inizia la giornata del 28 gennaio con il botto: la polizia bussa alla porta di Carlotta Vagnoli e Valeria Fonte, e con lei una squadra pronta a mettere a soqquadro la casa. Se pensavate che i poliziotti facessero solo il loro dovere, rimanete a bocca aperta: non solo sequestrano i dispositivi elettronici, ma il trattamento riservato alle due attiviste è decisamente poco “femminista” (e forse troppo reality show). Fonte racconta che le è stato chiesto di spogliarsi completamente e fare uno squat, mentre Vagnoli, con grande serenità, ci fa sapere che la sua perquisizione si è conclusa con il sequestro dei suoi dispositivi elettronici. Insomma, per un attimo si è dimenticata di essere quella che condivide la propria opinione sulle libertà e sui diritti su Instagram più di quanto qualcuno pubblicherebbe una foto del proprio piatto di pasta.
Femminismo senza virgolettato: quando il castello di carta crolla
Dopo anni di discussioni su parità di genere, patriarcato e diritti femminili, Vagnoli sembra aver dimenticato che anche i diritti degli uomini meritano attenzione. Così, mentre difendeva a spada tratta le vittime di violenza di genere, ora si trova accusata di stalking e diffamazione aggravata nei confronti di un uomo, un attivista accusato di essere un “abuser”. La giustizia, si sa, è cieca, ma è anche un po’ selettiva quando fa comodo. La Vagnoli, che ha costruito una carriera millantando la necessità di credere ciecamente alle donne che denunciano violenze, ora si ritrova a fare i conti con una realtà un po’ più complessa. Forse, nel suo mondo ideale, l’attivismo non include domande di innocenza o di ragione, solo verità preconfezionate.
Selvaggia Lucarelli: “Perché tu hai fatto la forcaiola, ora sei il bersaglio“
Dove c’è un problema, c’è sempre una Lucarelli pronta a inserirsi. E infatti, Selvaggia non ha perso l’occasione di commentare l’episodio, sottolineando l’incoerenza del femminismo di Vagnoli. Non c’è niente di meglio, quando si gioca al gioco del “io ti credo”, che finire nel mirino di una possibile accusatrice (e magari diventarne anche la vittima). Lucarelli non si è fatta scrupoli e l’ha duramente criticata, puntando il dito sulla contraddizione tra il suo attivismo senza “virgolette” e il fatto che ora l’accusata stia cercando di alzare un muro di difesa garantista. Insomma, come direbbe un buon saggio: c’è chi predica bene e razzola male.
Le contraddizioni del “femminismo senza virgolette”
L’apoteosi del femminismo senza virgolette, quello che Carlotta Vagnoli difende senza incertezze, è che sembra mettere in discussione l’intero concetto di giustizia quando la vittima non è la donna, ma un uomo. Se per anni ha sostenuto che le accuse delle donne non debbano mai essere messe in discussione, come risponde ora quando si trova dalla parte opposta della barricata? “Io ti credo, sorella!” è sempre stato il suo slogan, ma ora che la sorella è in difficoltà, è il momento di chiedersi: io ti credo, ma quando è un uomo a chiedere giustizia? La risposta sembra essere più sfumata di quanto vorrebbe far credere.
“Io ti credo”, ma solo se sei una donna
In tutta questa storia c’è una morale che risuona forte e chiara: il femminismo va bene, ma solo quando fa comodo. In una società dove ogni accusa è una battaglia, non bisogna mai dimenticare che la verità ha molte facce. Carlotta Vagnoli, il cui attivismo ha fatto scuola, si trova ora a fare i conti con le contraddizioni del suo stesso credo. E mentre il suo castello di certezze inizia a scricchiolare, c’è una domanda che rimane sospesa: se “io ti credo, sorella” è il principio che guida la lotta, come possiamo applicarlo quando la vittima è un uomo?