In Italia il 99,5% degli studenti viene promosso. Un dato che, a prima vista, potrebbe sembrare positivo: ragazzi felici, famiglie contente, scuole efficienti. E invece no. Secondo Paolo Crepet, psichiatra, sociologo e provocatore di razza, è esattamente il contrario: questo numero altissimo è il simbolo di un sistema educativo che ha smesso di educare. “Io vorrei sapere come si fa a essere bocciati in questo Paese”, ha dichiarato Crepet, con il tono di chi non cerca risposte ma pretende reazioni. “Perché è difficile, e se non studi non è vero, perché anche quelli che non studiano nel 99,5% dei casi sono promossi lo stesso”.
Il diploma? Roba da arredamento
Crepet non si ferma al dato numerico. Va oltre. Va a fondo. E quello che trova non gli piace affatto.
“Ma andiamo avanti, per andare dove? In un’università che deve accettare gente che non sa neanche il congiuntivo? Per arrivare a che cosa? Un diplomino che non serve a nulla, perché non corrisponde a nessuna delle tue conoscenze”.
Secondo lui, oggi il diploma ha perso valore. Non rappresenta più una conquista, ma solo una tappa obbligata, quasi automatica. Qualcosa da incorniciare e appendere in cameretta, non da usare per affrontare il mondo.
Scuola, genitori, istituzioni: chi ha spento il cervello?
Per Crepet, la colpa non è solo della scuola. È un sistema intero che ha mollato il colpo: genitori che difendono a spada tratta figli che non studiano, istituzioni che tagliano sull’educazione, e una scuola che ha paura persino di dire un “no”.
“Non tutti possono fare tutto. Non è un’ingiustizia, è la realtà. E la scuola dovrebbe essere il primo luogo dove imparare a riconoscere i propri limiti, i propri talenti, i propri errori”.
Ma se la scuola non ha più il coraggio di dire la verità ai ragazzi, chi gliela dirà? TikTok?
Bocciarli (quando serve) è un atto d’amore
E qui arriva la provocazione più forte. Quella da prima pagina. Quella che potrebbe far venire un coccolone a qualche genitore iperprotettivo:
“Se volete che crescano davvero bene, dovete fare di tutto perché vengano bocciati”.
Sembra una bestemmia, ma non lo è. Bocciare, quando serve, non è punire. È educare. È dire: “Hai sbagliato, ma puoi riprovare”. È restituire senso allo sforzo, al merito, al fallimento come occasione per crescere.
Frustrazione: non è il nemico, è il maestro
Crepet lo ripete da anni: togliere ai ragazzi ogni ostacolo non li rende felici. Li rende vuoti. E pericolosi.
“La frustrazione crea violenza, la violenza è sempre produzione di frustrazione”, dice. E ancora: “Un ragazzo a cui non è stato mai detto di no, un ragazzo che non ha mai dovuto sudarsi niente, è un ragazzo infelice”.
Invece di proteggerli da tutto, dovremmo aiutarli a sopportare qualcosa. Perché la vita non è una promozione automatica. E prima o poi, lo capiranno. Sulla loro pelle.
Rieduchiamoci (noi, prima di loro)
Secondo Crepet, prima di cambiare i ragazzi, dobbiamo cambiare noi: il mondo adulto. Basta paura della bocciatura, basta finti successi. Serve una scuola seria, autorevole, che sappia anche dire “no”, e che torni a essere il primo laboratorio di realtà.
“Se continuiamo a proteggere i ragazzi da tutto, li condanniamo a non diventare mai adulti”, avverte. E con questa frase ci sbatte davanti uno specchio. Dove, forse, non ci piacciamo molto.
8 frasi di Paolo Crepet sui figli che ti faranno rivedere il concetto di “bravo genitore”
- “Se volete che crescano davvero bene, dovete fare di tutto perché vengano bocciati.”
- “Un ragazzo a cui non è stato mai detto di no, un ragazzo che non ha mai dovuto sudarsi niente, è un ragazzo infelice.”
- “L’assenza di frustrazione non genera felicità, ma noia. E la noia, nei più fragili, diventa aggressività.”
- “Se un ragazzo riceve tutto senza impegno, rischia di non trovare mai un senso nella vita.”
- “Non tutti possono fare tutto. Non è un’ingiustizia, è la realtà.”
- “Un diplomino che non serve a nulla, perché non corrisponde a nessuna delle tue conoscenze.”
- “La scuola dovrebbe essere il primo luogo dove imparare a riconoscere i propri limiti, i propri talenti, i propri errori.”
- “Se continuiamo a proteggere i ragazzi da tutto, li condanniamo a non diventare mai adulti.”
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