Il 28 aprile 1945 Benito Mussolini moriva, ponendo fine non solo alla sua vita ma anche al ventennio fascista che aveva segnato l’Italia e il mondo intero. Accanto a lui, nel tragico epilogo, Clara Petacci, la donna che lo aveva amato fino all’ultimo respiro.
Ma chi era davvero il Duce negli ultimi giorni? Come vedeva la felicità uno che aveva in pugno un Paese intero e poi si era ritrovato braccato come un criminale?
Preparati: tra drammi storici e stranezze filosofiche, scopriremo anche un Mussolini… sorprendentemente “umano”.

Mussolini: dal trono alla fuga
Benito Mussolini fu il protagonista indiscusso della storia italiana del primo Novecento: giornalista, socialista rivoluzionario, poi fondatore del fascismo, dittatore e infine alleato scomodo di Hitler.
Dopo aver trascinato l’Italia nella Seconda guerra mondiale, vide il suo impero sgretolarsi pezzo dopo pezzo.
Il 25 luglio 1943 venne destituito e arrestato. Liberato dai tedeschi, tentò il “secondo tempo” con la Repubblica Sociale Italiana a Salò, ma ormai la fine era vicina.
Nell’aprile 1945, mentre gli Alleati risalivano la Penisola e i partigiani si organizzavano, Mussolini tentò la fuga verso la Svizzera, travestito da soldato tedesco.
Le ultime ore: dal fuggiasco al fucilato
Fermato a Dongo, sul Lago di Como, il 27 aprile 1945, Mussolini venne riconosciuto nonostante il travestimento a dir poco miserabile.
Il 28 aprile, su ordine del Comitato di Liberazione Nazionale, fu giustiziato insieme a Clara Petacci, la sua inseparabile compagna, che rifiutò di lasciarlo anche nel momento più nero.
Il loro corpo fu poi esposto a Piazzale Loreto a Milano, appeso a testa in giù.
Un’immagine durissima e simbolica: con la morte del Duce si chiudeva ufficialmente l’epoca del fascismo in Italia.
Chi era Clara Petacci?
Clara Petacci, detta “Claretta”, era molto più di una semplice amante: era una presenza costante nella vita di Mussolini.
Più giovane di lui di 28 anni, innamorata perdutamente, Clara non esitò a seguire il Duce anche nella fuga e nella morte.
Una fedeltà tragica, che la storia ha spesso dimenticato, ma che racconta un pezzo di umanità dietro la propaganda.
Mussolini e la felicità: un rapporto complicato
Se ti stai chiedendo che idea avesse Mussolini della felicità, preparati: non esattamente quella di un allegro bon vivant.
Per lui la felicità non era una passeggiata al parco o una serata in pizzeria.
Era qualcosa di “duro”, “faticoso”, legato alla lotta, alla gloria, alla missione. Non a caso diceva:
“La felicità consiste nell’adempimento del dovere.”
Sì, hai letto bene: dovere, disciplina, sofferenza.
Altro che prosecco e tramonti!
Mussolini parlava di felicità nei suoi discorsi pubblici, nei suoi scritti propagandistici e perfino nei suoi appunti privati. Secondo il Duce, essere felici significava sentirsi utili a qualcosa di più grande: lo Stato, la Patria, la Storia.
Ossessionato dal potere, paranoico negli ultimi anni, Mussolini non ebbe mai una vita tranquilla. La felicità personale era sacrificata in nome di un ideale che, alla fine, gli si rivoltò contro.
Qualche aneddoto curioso sulla “felicità” del Duce
Quando si parla di Benito Mussolini e di felicità, il sorriso rischia di diventare una smorfia. Il Duce, infatti, era ossessionato dall’immortalità: credeva che il vero trionfo non fosse vivere momenti felici, ma essere ricordato nei secoli. Alla domanda “Sei felice?“, rispondeva con frasi solenni come: “Sarò felice nella gloria eterna.” Insomma, un tipo allegro come un acquazzone a Ferragosto.
A Villa Torlonia, la residenza che scelse a Roma, Mussolini volle addirittura che ci fossero 365 finestre, una per ogni giorno dell’anno. Un gesto altamente simbolico, certo, ma che lascia qualche dubbio sulla sua reale utilità per raggiungere la felicità. Forse guardare il mondo da una finestra diversa ogni mattina gli dava un senso di controllo… o forse era solo un vezzo da imperatore moderno.
Un altro episodio curioso risale al 1915, quando Mussolini sfiorò addirittura un duello. Aveva sfidato un avversario politico che lo aveva accusato di “non sapere cosa fosse la felicità“. Per fortuna la questione si risolse senza spargimenti di sangue, altrimenti oggi avremmo potuto leggere nei libri di storia qualcosa tipo: “Mussolini: morto per una definizione di felicità.”
Insomma, Benito Mussolini ci ha lasciato un’eredità storica controversa e un’idea di felicità a dir poco “spartana”. Per lui, essere felici voleva dire lottare, soffrire, obbedire. Di certo, dopo aver visto come è finita, forse un po’ più di leggerezza non gli avrebbe fatto male.
15 frasi di Mussolini sulla felicità
- “La felicità è il dovere compiuto.”
- “Chi vuole essere felice deve vincere.”
- “La vera felicità è il sacrificio per una causa grande.”
- “La felicità non è nel possedere, ma nel creare.”
- “Un popolo felice è un popolo disciplinato.”
- “La felicità individuale è nulla davanti al destino della nazione.”
- “Essere felici è sapere di essere utili alla Patria.”
- “Solo chi lotta conosce la vera felicità.”
- “Il dolore è il prezzo della felicità duratura.”
- “La felicità è nella conquista, non nel riposo.”
- “Chi cerca la felicità nei piaceri finirà nella miseria dell’anima.”
- “Meglio essere infelici nella lotta che felici nella resa.”
- “L’uomo nuovo sarà felice perché saprà obbedire.”
- “La gloria è la più alta forma di felicità concessa agli uomini.”
- “Chi è senza paura, conosce la felicità.”
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