Crepet a ruota libera contro i genitori di oggi: sono "servi dei propri figli"

Crepet a ruota libera contro i genitori di oggi: sono "servi dei propri figli"

17 cit.

Paolo Crepet senza peli sulla lingua. Affondo contro i genitori di questa generazione di nativi digitali.

Paolo Crepert analizza la situazione degli adolescenti di oggi e va giù duro contro tutti. Così duro che, per assurdo, i meno maltrattati dal suo impietoso giudizio sono gli adolescenti stessi, vittime di una tecnologia che è stata loro messa e lasciata in mano e che li ha risucchiati prima nella loro stanza, poi nel vortice di un'esistenza da metaverso. 

 

Crepet vede nella gestione della pandemia uno dei principali acceleratori dello stato di attuale degrado psico-sociale in cui si trovano i giovani d'oggi, precipitati in un baratro di solitudine virtuale. 

 

Ma le accuse non si limitano a questo. Il noto psichiatra si scaglia anche contro la scuola pubblica italiana, e punta il dito, in particolare, sull’impostazione educativa, che passa troppo attraverso i telefoni e troppo poco attraverso le ricerche e lo studio (chissà cosa dirà tra una decina di anni... quando l’I.A. farà gran parte dei compiti degli studenti!).

 

Ma l’accusa principale arriva nei confronti dei genitori. A suo modo di vedere, l’incapacità di essere autorevoli o autoritari, anche a costo di generare un conflitto reale e sano con i propri figli, fa sì che si creino dei patti di non belligeranza che sono dannosi per tutte le figure in campo: genitori, figli, fratelli, finanche nonni e zii. 

Perché questa ostinata paura a dire "no" ai propri figli? Perché questa ostinazione buonista a non imporsi, cercando di limitare, in primis, l’uso dei cellulari? Perché questa incapacità a dare delle alternative, dei modelli da seguire che siano chiari, semplici, salutari e che soprattutto obblighino a un confronto sano, diretto e visivo, sociale, con i propri coetanei? 

Crepet non risponde a questa domanda e non si attarda nella ricerca delle cause che hanno portato a questo strano mondo in cui non c’è più una verticalità generazionale ma una grande orizzontalità che tutto sovrappone, tutto mescola e che nulla risolve, anzi soltanto incasina di brutto.

 

Crepet ci parla di una paura del conflitto da parte dei genitori, di una incapacità a imporsi per timore che questo scateni qualcosa di incontrollabile. 


Chissà se da buon psichiatra un giorno indagherà su cosa avrebbe portato questi genitori educati secondo altri schemi ad essere così mollicci nei confronti dei loro figli. Chissà se la causa di questo rammollimento sta davvero tutta nel '68, come a un certo punto sembra ventilare: il dubbio resta. E se fosse solo mancanza di tempo, che una volta era di più e soprattutto scorreva con ritmiche assai meno sincopate, frenetiche, ansiogene, alienanti?


Oggi il momento del confronto manca, non c'è: non c'è tempo. Oggi si corre e non c’è lo spazio per spiegare con calma la ragione di un "no", è "no" e basta e "corri che siamo in ritardo". E se qualcuno ha coraggio di osare il "no" allora poi spesso accede che per resistere al lamento del figlio "negato", gli concede l'uso del cellulare, che funziona meglio di una museruola,  di un sedativo e di una botta in testa. E quel bambino una volta adolescente starà da solo con il suo cellulare, incapace, sì, di comunicare in modo "sociale", ma con chi, visto che anche i suoi genitori erano cinque ora al giorno davanti allo schermo del loro ultimo modello di Iphone?

Di seguito una selezione delle frasi più belle di Paolo Crepet.
 

 

“C’è bisogno di parole, di conflitti sani, di visioni che appassionino. Invece ci circonda il silenzio. Sembra, in questo tempo, che si possa solo aspettare Godot. Ma Godot non c’è.”

Paolo Crepet

“La scuola educava anche a conoscere le sconfitte, a far fronte a momenti di difficoltà e di delusione. La dimensione limitata del giudizio, quello delle mura di una classe, ti consentiva di ripartire, se eri caduto. Ora tutto è universale, rapido, spietato.”

Paolo Crepet

“L’esposizione permanente, l’esistenza di un proprio pubblico, quello dei follower, il carattere virale di ogni forma di comunicazione costituiscono motivo di stress e di ansia.”

Paolo Crepet

“Noi stiamo diventando soli e ne siamo contenti. Abbiamo smesso di parlarci. Nelle scuole, in famiglia, nelle sezioni, nelle parrocchie, nei circoli o nelle piazze. Se vogliamo salvarci dobbiamo disallinearci, dobbiamo rinunciare all’ovvio, vivere la vita da un punto di vista originale.”

Paolo Crepet

“Ora una generazione che ha contestato i padri è diventata serva dei propri figli. Non è capace di dire i no, di orientare senza usare l’autoritarismo, ma l’esperienza. C’è un armistizio: io ti faccio fare quello che vuoi, tu non mi infliggi la tensione di un conflitto.”

Paolo Crepet

“Oggi i genitori vogliono essere più giovani dei figli, tutto questo appiattisce e amicalizza un rapporto che invece deve essere fondato sul riconoscimento dei ruoli. Non esiste più il capitano, il punto di riferimento.”

Paolo Crepet

“Oggi il nonno compra le stesse cose dei suoi nipoti, non è mai successo nella storia umana. Quella cesura era un fatto salutare, ognuno viveva il tempo giusto della sua esistenza.”

Paolo Crepet

“Mia mamma non amava i Beatles. Ai genitori di oggi piacciono i Maneskin. Il conflitto è diventato una sorta di baratto. La rivoluzione dei ragazzi è stata taciuta dalla comunità, che l’ha avvolta in un conservatorismo estremo.”

Paolo Crepet

“Non capisco come si possa, da parte dei genitori, pensare di geolocalizzare i figli. Se ne comprime la libertà per placare le proprie ansie. Tutte ansie individuali. Bisogna fare insieme, non da soli.”

Paolo Crepet

“Possibile che la tradizione educativa italiana non produca una cultura del desiderio di conoscenza e di profondità?”

Paolo Crepet

“Think different diceva Apple: era un messaggio di libertà, di innovazione, era una promessa di libertà e di felicità. È stato davvero così? Gran parte del disagio giovanile nasce o si alimenta in relazione con questi strumenti.”

Paolo Crepet

“E se le tecnologie, nel separarci e relegarci in un mondo virtuale costruissero la nostra infelicità?”

Paolo Crepet

“Se io prendo una ragazza di sedici anni e la chiudo con le cuffiette, con una visione del mondo che passa solo attraverso lo schermo, è chiaro che qualcosa in quella esperienza umana accade.”

Paolo Crepet

“I ragazzi sono stati rinchiusi nel loro cellulare.”

Paolo Crepet

“A scuola si va certo per imparare, certo perché è un dovere. Ma si va anche perché c’è un cortile, un corridoio, una ricreazione. Lì si trovano gli amici, gli amori, si costruisce la ragnatela fondamentale, la prima, dei rapporti sociali.”

Paolo Crepet

“La pandemia per i giovani è stato un big bang. Ha prodotto disagio per il modo in cui è stata gestita: chiusura delle scuole, didattica a distanza, conseguente chiusura in casa dei ragazzi, isolati dal contesto sociale.”

Paolo Crepet

“Un adolescente non inquieto è inquietante.”

Paolo Crepet

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